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domenica 23 ottobre 2016

American Pastoral

Una volta tanto volevo recensire anche un film che non parlasse di supereroi, tanto per cambiare. In realtà avevo il sospetto che non mi sarebbe piaciuto, ma ho voluto rischiare. A questo punto potrei dire che non era così brutto come mi aspettavo, e qui forse dovrei fermarmi, tanto avete già intuito il resto; invece non mi fermo, perché era ancora peggio del peggio di quanto avrei potuto aspettarmi di peggio.
É la storia, almeno credo viste le ridicole forzature della trama, per altro così banale che avrei potuto scrivere la recensione risparmiandomi di vedere il film, di una generazione che racconta se stessa pur non avendo nulla da raccontare.
Razza, religione, politica, personaggi storici e il concorso di Miss America si susseguono senza una logica, come senza una logica appaiono le azioni dei protagonisti: la moglie, intrappolata nel suo ruolo di casalinga, finisce per ballare nuda nell'ufficio del marito di fronte ai colleghi, per poi scoppiare in un pianto disperato; la figlia, che passa dal marxismo radicale all'ascetismo radicale, mi fa pensare a una battuta di Obi-Wan Kenobi, solo un Sith vive di assoluti; il padre, soprannominato "Svedese", adorato dalle donne e acclamato come un eroe nella sua piccola comunità di provincia, è in realtà troppo debole per riconoscere i propri errori e troppo vigliacco per lasciarsi tutto alle spalle. Se lo Svedese fosse un supereroe, o anche solo metà dell'eroe che appare, farebbe la cosa giusta e lascerebbe perdere, come tutti gli consigliano dall'inizio alla fine, invece si consuma sotto un diluvio di vecchie foto e ricordi fino al suo funerale che sfuma nei titoli di coda e nelle note di Moon River.
No, questo film non é una storia di supereroi, nemmeno di eroi, forse neppure di esseri umani.
La prossima settimana vado a vedere Doctor Strange.

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