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martedì 11 ottobre 2016

Arona: Museo Archeologico

Dal momento che al Fantarona non ci sarebbe stato l'incontro con gli autori, ho deciso di approfittarne per visitare la città, e ho "scoperto" il Museo Archeologico.
Nonostante abbia solamente due sale, il museo copre un periodo che va dal Neolitico alla Tarda Antichità (circa 10000 BCE-500 CE, dai primi insediamenti umani sul Lago Maggiore fino all'arrivo degli Ostrogoti) ma il periodo che personalmente mi interessava di più andava dalla Tarda Età del Bronzo fino a prima dell'invasione Romana (circa 1300-222 BCE).
Prima di andare avanti vorrei ricordare che questo articolo non è, né ha la pretesa di essere, una pubblicazione scientifica: mi limito a riportare quello che ho letto e visto, e se anche mi sono fatto delle idee (non voglio chiamarle teorie) a riguardo, lascio a persone più competenti di me il compito di verificarle.
L'Alfabeto di Lugano o Lepontino é la più 
antica attestazione di una lingua celtica di
cui siamo a conoscenza.
Arona si trova a poca distanza dalla più importante area archeologica subalpina relativa al passaggio dall'Età del Bronzo all'Età del Ferro. Oggi divisa tra i comuni di Golasecca, Sesto Calende e Castelletto Sopra Ticino, doveva essere, secondo gli studiosi, una "metropoli" dell'Età del Bronzo e uno dei due poli della Cultura di Golasecca, che ha preso il nome dal sito in cui sono stati fatti i primi ritrovamenti
attorno al 1860 (l'altro polo era Como).
L'intera cultura, per quanto ne sappiamo, copriva un'area di circa 20-22000 chilometri quadrati, un'estensione di poco inferiore a quella della Lombardia, ma rispetto alla regione moderna era più spostata verso nord-nordovest, coprendo parte del Piemonte e del Canton Ticino ma non Mantova, la Valtellina e la Valcamonica, divise tra i Camuni e i Protoetruschi di Villanova.
La Cultura di Golasecca si estendeva su un'area grossomodo 
equivalente all'Insubria del periodo successivo, tra i fiumi 
Sesia, Serio e Po, e commerciava con le culture vicine lungo
una rotta fluviale che andava dal Lago Maggiore alla foce
del Po lungo il Ticino.
Più incerta é invece la sua estensione sull'Orobia, che
corrisponde alle attuali province di Bergamo e Brescia. 
Si estendeva insomma su un'area grossomodo equivalente alla regione storica che oggi chiamiamo Insubria, sebbene gli Insubri, una tribù Celtica, sarebbero arrivati dalla Gallia solo mezzo millennio dopo. I libri di storia parlano ancora di Invasione Gallica, ma è più probabile che si sia trattato di una lenta migrazione, durata diversi secoli, e di una graduale fusione con le popolazioni locali.
Comunque sia andata, nei due o tre secoli precedenti alla conquista dei Romani e per molto tempo anche dopo, la cultura diventa distintamente celtica: il centro della cultura si sposta da Como a Milano (Meth Llahn), i riti funerari passano dalla cremazione all'inumazione e proprio qui si trovano le più antiche testimonianze accertate di una lingua celtica, sotto forma di epigrafi e pietre miliari. 
I soliti sospetti
Si diffonde inoltre il culto di Lugh Lahmfada, il Dio Celtico di Tutte le Arti che ha dato il nome a città come Lugano, Luino, Legnano (e Lione in Francia, Losanna in Svizzera, forse Londra) che durante la successiva dominazione dei Romani é stato identificato con Mercurio ("Deorum Maxime Mercurium Colunt", tra gli Dei venerano soprattutto Mercurio, scriveva Giulio Cesare nel De Bello Gallico).
Ancora più importante e conservato in maniera pressoché inalterata é invece la figura delle Matronae, le tre Dee Madri che derivano in linea diretta dalla Triade Celtica, come potete vedere nella foto qui a fianco, che risponde a una domanda che mi ero posto in un altro articolo e in un altro museo.
Continuate a leggere.

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