Non credo che sarei riuscito a visitarla senza l'aiuto della mia preziosa collaboratrice, che é riuscita a trovarmi un buco tra il Claddagh Fest e il concerto dei Lyradanz ed é stata anche così gentile da accompagnarmi (sta diventando complicato seguire gli eventi, anche a causa delle misure anti-CoVid, perciò devo organizzarmi).
Nonostante il suo aiuto tuttavia, mi sono ridotto proprio all'ultimo giorno e non sono riuscito a visitare la mostra prima di Giovedì 15.
Ho saputo della Mostra da un mio contatto, Valentina Baldin, che era anche una dei fotografi esposti: qui accanto vedete una delle sue foto, e riporto di seguito la descrizione che lei stessa dà del suo lavoro:
La Milano notturna risulta una città quasi surreale: da un lato la quiete, la fine del via vai frenetico di lavoratori e turisti, dall'altro il silenzio rumoroso che la rende insonne. Milano é una città che sembra non dormire mai: i mezzi di trasporto corrono in continuazione, le auto si spostano all'interno dell'intricato reticolo urbano e tutto viene illuminato quasi a giorno, creando un intenso contrasto di luci e ombre.
Forse sono di parte, ma credo che Valentina Baldin abbia colto non solo l'essenza di Milano, ma anche il tema della mostra, meglio di tutti gli altri: sebbene io riconosca i luoghi, mi sembra per un attimo di guardare New York, la Città che non dorme mai con cui credo che Milano abbia molte più cose in comune che con Roma o Firenze, avvolta però da una luce particolare, quasi fosse un cartone animato degli anni '90 o il classico Dick Tracy con Warren Beatty.
Meno convincenti invece gli altri autori: sebbene alcuni di loro abbiano portato idee interessanti, nessuna di queste sembrava avere molto a che fare con la metropoli o con la luce, preferendo invece ripiegare su un forzato astrattismo concettuale.
La serie Inanna per esempio, mi é piaciuta, anche come riferimento al Sacro Femmineo, ma devo capire cosa c'entra la Dea Sumera della Fertilità e dell'Estasi Amorosa con la luce metropolitana, o con una ballerina che gioca a nascondino indossando delle maschere al contrario.
Anche la fila di ritratti di persone anziane negli scatti di un altro fotografo mi sembra del tutto messa a caso.
Mai però quanto quello che sembra aver preso degli scatti a caso, girando la città a caso, che mostrano a caso parti di edifici a cui poi viene assegnato a caso un titolo che vorrebbe catturare la partecipazione emotiva di chi guarda.
L'immagine qui accanto é l'esempio più spudorato: si intitola "distanziamento sociale" e ritrae la fiancata del Duomo, su cui le statue sono a malapena visibili. Basta leggere l'etichetta tuttavia, per scoprire che la foto é del 2015, molto prima che le parole "Distanziamento Sociale" diventassero d'attualità.
Nell'insieme non posso dire di essere rimasto deluso: volevo andare a vedere la mostra di Valentina Baldin e quella ho visto.
Un ringraziamento speciale a Laurel Ristocafè, dove ci siamo fermati dopo la mostra per una tazza di tè e una crêpe.
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