Si potrebbe supporre che la Fest Noz di Capodanno sia la più importante di tutte, ma non è così: i Bretoni sono abituati ad averne una ogni settimana, e la notte del 31 dicembre non sembra molto diversa, per loro, da qualunque altra.
Neppure il Capodanno, di per sé, sembra molto sentito in Bretagna, forse proprio perché è un Paese Celtico (e allora mi chiedo come sarebbe tornarci il 31 ottobre) o forse a causa della differente mentalità dei popoli Atlantici (sia Celtici che Anglosassoni) rispetto a quelli Mediterranei, dove a una festa da ballo non si va per ballare ma "per l'obbligo schiacciante di doverci essere a qualunque costo" (cit. Alessia Mainardi).
In Bretagna non c'era nulla di tutto questo: niente raffiche di fuochi artificiali come colpi d'artiglieria, niente banchetto di fine anno che dura fino a mezzanotte o lotte serrate per aggiudicarsi l'ultimo tavolo al ristorante (se proprio si vuole uscire, anche una semplice rosticceria va bene) niente attesa spasmodica dell'ultimo secondo con la bottiglia di champagne in mano.
C'era solo gente che ballava e ballava e ballava, alcuni addirittura ballavano scalzi, abitudine non inconsueta nelle terre celtiche. I musicisti hanno smesso di suonare solo per un attimo, giusto il tempo di urlare "è mezzanotte, buon anno nuovo a tutti" e poi le danze sono riprese, ancora più frenetiche di prima; per alcuni minuti non ero neppure certo se fosse già l'anno nuovo oppure no.
A questo punto, le persone in sala erano visibilmente cadute in una specie di trance estatico, che io stesso, in parte, ho potuto sperimentare durante la festa e anche dopo (e l'alcool non centra, perché ho appena toccato un singolo bicchiere di sidro in tutta la serata).
É quasi straziante constatare che, nei locali milanesi, ho visto persone riempirsi di vodka e tequila nel tentativo di raggiungere uno stato simile, senza peraltro riuscirci neppure lontanamente, e anzi, ottenendo un effetto del tutto opposto, mentre per i Bretoni è sufficiente sentire la musica.
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