domenica 28 luglio 2024

Ages Past Ages Hence (Loreena McKennith in concerto, Milano 2024)

Sette anni dopo, Loreena McKennith ritorna a Milano in occasione del trentesimo anniversario del suo album più famoso, The Mask and the Mirror, ultima tappa di un tour europeo e mondiale che potrebbe segnare un'epoca.
Molte cose sono cambiate dall'altra volta, e in effetti sembra davvero che siano passate intere epoche. La Brexit, la Pandemia, un nuovo Re in Gran Bretagna accompagnato da nuovi problemi, l'insurrezione di Washington D.C., guerre e altri disastri più o meno naturali, hanno trasformato il nostro mondo in modi che allora, solo sette anni fa, non ci sarebbero sembrati possibili, e sembrano sul punto di trasformarlo di nuovo in un imprevedibile, iper-accelerato alternarsi di cicli e ricicli storici.
La voce e la musica di Loreena McKennith sembrano quasi un faro nella tempesta per le anime perse (Lost Souls) che vagano in questo turbine di caos. 
Se all'inizio le note di The Old Ways sembrano un amaro pro-memoria di quello che abbiamo perso, sarebbe tuttavia un errore abbandonarsi alla malinconia e alla nostalgia del passato.
Ce lo ricorda la stessa Loreena McKennitt, nel momento in cui introduce uno dei suoi brani più recenti, Ages Past, Ages Hence che fa parte proprio di Lost Souls, l'ultimo album uscito nel 2018. Il brano è accompagnato, sia sul libretto che nell'introduzione dal vivo, da una breve spiegazione dell'importanza degli alberi nella Cultura Celtica, passata e presente, che ricorda da vicino alcune riflessioni simili fatte da Enya in The Memory of Trees.
Trovo significativo in particolare il titolo del brano, "Ages past, Ages hence" (ere passate, ere da ora) che da una parte sembra richiamare l'epitaffio sulla supposta tomba di Re Artù (Here lies Arthur, the Once and Future king, qui giace Artù, che fu e sarà Re), dall'altra allude alla concezione del tempo delle genti dell'Antica Europa, celtiche e non, per le quali il Tempo non era diviso tra un "Passato", un "Presente" e un "Futuro" che marciano senza sosta verso il nulla, come per noi, ma era un continuum che si dipana in un ritmo ciclico, infinito e costante, di ere e stagioni.
Un continuo divenire sottolineato anche a livello tecnico, con l'aggiunta di sonorità quasi rock alle note dei pezzi classici.
Quello che sette anni fa era un trio invece, oggi è diventata una piccola orchestra completa di controcanto.
Nessuna novità invece per quanto riguarda la scenografia, un misto di candele e luci che alterano l'atmosfera da un blu soffuso, a un viola sospeso, variando dal rosso al verde.
Il resto lo fanno la musica e le voci, che ancora una volta riescono a incantare il pubblico e a trasportarlo fuori dal Tempo stesso.
La seconda parte del concerto riprende The Mask and The Mirror, suonando tutti gli otto brani dell'album originale nella sequenza originale.
A raccogliere la maggior parte degli applausi è però The Bonny Swans, forse il pezzo più bello dell'intera serata, anche se giudicare è molto, molto difficile.
In ogni caso, dall'entusiasmo con cui il pubblico si alza in piedi e applaude alla fine del brano, questa sembra un'opinione largamente condivisa. Al termine di Prospero's Speech i suonatori lasciano il palco, sembra che il concerto sia finito, ma le luci non si riaccendono. E infatti ecco Loreena McKennith ritornare sul palco per un assolo al pianoforte, che non resta "assolo" per molto mentre l'orchestra riprende posto, seguito poi da Tango to Evora, con cui saluta il pubblico.
Anch'io vi saluto, ma continuate a leggere.

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